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Talk about… “Clients”

Giovedì 10 luglio 2014

 

“Il numero 134 della rivista “Area” è stato presentato presso lo SpazioA il 18 luglio scorso. Tema del numero monografico: “Clients”, giustamente tradotto, nei saggi introduttivi di Marco Casamonti e Paolo Portoghesi, non con ‘clienti’, vocabolo di colore desolatamente bottegaio, ma col più nobile ‘committenza’. A conversazione su questo tema, particolarmente delicato nel caso della committenza architettonica, evidentemente molto più complicata di quella soltanto ‘artistica’ (trattandosi non di negoziare un quadro o una scultura, eventualmente da relegare in cantina o da dare alle fiamme, ma un edificio in cui vivere, muoversi, operare), Marco Casamonti, Riccardo Bruscagli, Paolo Portoghesi, Albiera Antinori. Casamonti e Antinori nell’incarnazione tangibile del committente e dell’architetto: dal loro incontro è nata infatti, al Bargino in Chianti, la ‘Cantina Antinori’, ovvero il quartier generale di uno dei più antichi produttori di vino, e uno degli interventi urbanistici e architettonici più impegnativi e innovativi della Toscana contemporanea, all’interno di un paesaggio delicatissimo e di un tessuto abitativo altrettanto sensibile. Dai loro interventi, non è sembrato che durante l’ideazione e l’esecuzione della ‘Cantina’ si sia verificato nessun importante spargimento di sangue: l’esuberanza inventiva di Casamonti (vedi la scala elicoidale che sale dalla cantina sotterranea ai vigneti, davvero “a riveder le stelle”) essendosi evidentemente trovata in sintonia con la signorile cautela – ma, alla fine, anche con il coraggio – di una committenza intelligente. A richiamare l’eccezionalità fiorentina e toscana nell’ambito del rapporto ‘cliente (ma sì)/ architetto’ è intervenuto Riccardo Bruscagli, con una premessa divagante, ma alla fine non incongrua, sull’episodio di committenza forse più famoso della nostra storia: quello che portò alla costruzione (impensata, incredibile, “terribile” nelle parole vasariane) della Cupola di Santa Maria del Fiore da parte di Filippo Brunelleschi; episodio di committenza specialissima, visto che nell’occorrenza il visionario architetto non ebbe a che fare con un ‘re costruttore’ da sedurre, ma con la burocrazia di un’intera città ‘democratica’ da convincere. Infine, Paolo Portoghesi ha richiamato, con la saggezza di una lunga militanza, il mutare dei ‘clients’, e del rapporto con loro delle varie generazioni di architetti succedutisi dal secondo dopoguerra, e ancor prima, dall’inizio del Novecento: la cui estetica borghese notoriamente nacque contro la borghesia (questa classe, ha argutamente quanto lucidamente osservato Portoghesi che, unica, si distingue nell’attaccare e maledire se stessa), ipostastizzando tra artista e committenza un rapporto di incomprensione, diversità radicale, opposizione, odio perfino. Situazione che al Maestro sembra sensibilmente mutata in questi ultimi decenni, per lasciare il posto a rapporti più distesi, più collaborativi. Visione, questa, troppo ‘idilliaca’ secondo Adolfo Natalini che, presente nel pubblico e provocato a dire la sua, ha testimoniato di un’esperienza tutt’altro che pacifica con i suoi ‘clients’: citando esempi fatidici di frizione, pur forieri, magari, di capolavori – ma di capolavori dati alla luce (secondo la metafora della generazione cara a Casamonti) con parti comunque laboriosi, e non senza, spesso, qualche traumatico cesareo.”


 

Talk about… “Clients”

On Thursday July 10

 

Last July 18, issue 134 of Area magazine was presented at Spazio A. This issue’s introduction, written by Marco Casamonti and Paolo Portoghesi, considered the theme of the issue, “Clients”, translating the term in Italian with the more sophisticated “committenza”, based on the Italian word for “to commission” and suggesting the idea of a patron, rather than the more obvious “clienti”, which has a ring suggesting customers of a supermarket. 

This issue is uniquely complex when it comes to architecture, clearly much more complicated than that for “art” clients, as it’s not just about negotiating a painting or sculpture that might end up stuck in the basement or thrown on the fire, but rather a building in which to live, act and work. Discussing the topic were Marco Casamonti, Riccardo Bruscagli, Paolo Portoghesi and Albiera Antinori. Embodying the client and architect in the flesh were Casamonti and Antinori. It was the meeting of these two in Bargino in Chianti that led to the Antinori Winery, the headquarters of one of Tuscany’s oldest wine producers. The winery is one of the most innovative and challenging contemporary urban and architecture projects in Tuscany, set in a very sensitive landscape and an equally sensitive residential setting. From their stories, there seems to have been little blood shed during the design and construction of the winery. Casamonti’s irrepressible inventiveness (see: the spiral staircase that rises from the winery under the vineyards, to “behold once again the stars”, to quote Dante) seems to have been in tune with the genteel caution (and ultimate courage) of an intelligent client. 

Riccardo Bruscagli spoke on the exceptional history of Florence and Tuscany in the “client /architect” relationship with a premise that was rambling, but ultimately relevant, about what may be the most famous episode of commissioning architecture in our history. This was the episode that led to the construction (in Vasari’s words: unthinkable, incredible and terrible) of the dome of Santa Maria del Fiore by Brunelleschi (now known as the “Duomo” for that very dome). The commission was absolutely special because Brunelleschi, a visionary architect, did not have a “king builder” to seduce; he had to win over the bureaucracy of an entire “democratic” city. 

Next, Paolo Portoghesi drew on the wisdom of his long career in battle and noted the changes in “clients” and the relationship with different generations of architects since World War II, or even before since the early twentieth century, whose bourgeois aesthetic famously originated against the bourgeoisie (Portoghesi pointedly observed that this is the only class that likes to disparage itself). He delineated a relationship between artist and client of incomprehension, deep-rooted difference, opposition and even hatred. Portoghesi sees this situation as having dramatically changed in recent decades, having made way for more relaxed, collaborative relationships. Adolfo Natalini was in the audience and disagreed with this vision, which he considered too “idyllic”. He was roused to tell his story of a not at all peaceful experience with his clients. He gave telling examples of friction, which may have been portents of masterpieces, though masterpieces born to the world (to use a metaphor of the generation favored by Casamonti) with difficult labors and none too few traumatic C-sections.

 

 

 

Prof. Riccardo Bruscagli